E’ colui che non sopporta
la debolezza dell’altro temutamente vista in se stesso.
Si beatifica della sua
spavalderia, ha bisogno di questo per rafforzare la propria flebile coerenza,
la conoscenza di sé è ingannevole, la sua capacità di accorgersi dell’altro è
quasi inesistente, l’altro, per lui, è lo strumento utile al fine di marcare
con il ripasso i contorni dell’immagine di sé, lo scopo è illudersi che ciò
dissolva il senso di debolezza che lo attanaglia.
Egli disprezza la propria
natura attraverso lo sberleffo, la presa in giro, la derisione di aspetti
dell’altro costruiti come inferiori e temuti in sé.
Il bullo esorcizza la
propria paura di concepirsi debole deridendo la debolezza dell’altro agli occhi
del pubblico, il fine è incrementare il potere esorcizzante della sua
azione.
Ha bisogno del pubblico per
affermarsi, ma teme il pubblico e lo indirizza sull’altro debole per
allontanarlo da sé.
È un debole per eccellenza,
dove la concettualizzazione di sé è solo illusoriamente forte.
La sua ricerca di coerenza
è fittizia e stereotipata non ama conoscere, è un essere ripetitivo che si
comporta quasi ecolalicamente, non possiede valori di riferimento se non solo
rigide stereotipie rappresentative di sé superiore.
L’assenza di morale che lo
contraddistingue fa di lui un essere abietto, che per confermare il proprio
puzzle concettuale rappresentante l’immagine di se forte, deve necessariamente
e ossessivamente colpire l’altro per scacciare la propria scarna convinzione di
non essere debole!
da:
"I burattini di Dio - La paura del nulla" - Mazzani Maurizio - ed:
Gruppo Albatros Il Filo, Roma 2010