L'amore è informazione pura nel mezzo del caos dei dati, che nella vita
afferiscono ai nostri sensi, esso è il cuore che dona significato, è in esso il
senso della vita... al di là è il vuoto.
L’uomo dona se stesso a se stesso attraverso l’altro, un giungere
a sé nell’interazione libera dai vincoli biologici egoistici, un volare in nome
dell’amore quale catalizzatore dell’essenza, del significato e del senso proprio
alla vita.
Essere nell’amore.
L’amore è arrivare a percepire di essere niente quanto ogni altro individuo, non
c’è di fatto valore particolare alcuno che sia al di sopra dell’altro, se non
solo nell’invenzione autoingannevole del virtualismo culturale antropomorfico con
i suoi valori relativistici.
Il punto è arrivare a capire che la libertà sta proprio nel riuscire a concepirsi tutti uguali "nell'essere niente", obbiettivo questo così grandioso da rendere insensata ogni pretesa di voler essere più dell'altro... siamo, dunque, all'azzeramento d'ogni supremazia, superiorità... insomma, d'ogni vanità che induca l'uomo a gareggiare, guerreggiare, competere per cercare d'essere nella diminuzione dell'altro.
Il punto è arrivare a capire che la libertà sta proprio nel riuscire a concepirsi tutti uguali "nell'essere niente", obbiettivo questo così grandioso da rendere insensata ogni pretesa di voler essere più dell'altro... siamo, dunque, all'azzeramento d'ogni supremazia, superiorità... insomma, d'ogni vanità che induca l'uomo a gareggiare, guerreggiare, competere per cercare d'essere nella diminuzione dell'altro.
In tale assordante caos, dunque, l’amore viaggia tra uomini
ciechi, che non si accorgono che la libertà
è proprio nel rinunciare all’orgoglio, quale illusorio e auto-ingannevole mezzo per avere pseudo-senso
personale.
L'uomo, pertanto, vive catturato dal rumore dell’egoismo che
follemente echeggia ad egli intorno, la spinta biologica primordiale tacita lo assorda
impedendogli di cogliere il cuore dell’informazione, così l’amore non è colto e
la sporcizia comunicazionale diviene l’unica e incontrastata fonte dell’illusorio
senso, la danza della vita rimane, dunque, così governata dal potere,
dall'avere e dal consumo.
L’altro è pertanto vissuto in nome di un colui da invidiare
e che invidia, un colui da temere e che teme, un colui da competere e che
compete, un colui che in nome dell’egoismo che lo caratterizza e dell’orgoglio
che lo governa, vive così paradossalmente all’ombra della paura dell’altro.
L’uomo non riesce ad andare oltre, il suo sguardo accecato
dal buio dell’avere, è così poco lungimirante da non accorgersi che l’altro è
uguale a sé, con lo stesso bisogno fondamentale di avere senso, capire questo è
smetterla di aver paura, e non vedere nell’altro un colui che ruba, toglie,
annichilisce, ma solamente uno che come sé cerca di percepire il senso della
vita!
Maurizio Mazzani
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