Ci domandiamo da millenni il perchè della sofferenza.
Dal momento in cui l'uomo è divenuto consapevole di sé, ha inevitabilmente iniziato a sentire il bisogno di avere risposte sulla sua natura di essere che soffre per vivere.
Il perchè della sofferenza è implicito alla ragion d'essere del vivente stesso.
E' la sua natura di bio-macchina che consuma per sopravvivere che, inesorabilmente, decide, al momento dell'assenza di sostanze biochimiche indispensabili alla vita, che egli soffra.
Alla luce di ciò, se per ipotesi non verosimile, un vivente fosse in condizioni di non necessitare nulla e risultasse, pertanto, "completo", sarebbe, per logica, un non vivente e, dunque, sarebbe altra cosa... forse un sasso, un pezzo di legno o Dio quale entità completa, per chi crede in tale esistenza.
Il vivente, in generale, soffre proprio in virtù della sua natura d'essere incompleto e, pertanto, perennemente in balia d'ogni assenza: variazione e perturbazione ambientale.
Se così non fosse egli non sarebbe.
E' la natura d'assenza dell'ambiente che progetta la biologia del vivente, il quale vive proprio in virtù di tale assenza e della ricerca di colmarla.
Il dinamismo assenza-non assenza è, quindi, la sua stessa ragione... senza il quale non sarebbe concepibile la vita così com'è.
Tale movimento è connaturato alla sofferenza organica, quale caratteristica tacita al funzionamento biologico del vivente, nonché, per trasposizione evoluzionistica, in riferimento esclusivo all'uomo, il dolore si espande anche al mentale, poiché, nel percorso evolutivo, con l'incremento della popolazione del pianeta e, il conseguente sopraggiungere del linguaggio e della consapevolezza ad opera della nascita del cervello sociale (la neo-corteccia), egli diviene, oltre ad essere illusoriamente aspirante d'una completezza fisica, anche, inevitabilmente, bisognoso d'un senso di sé sociale quale mezzo per la lotta al senso del nulla.
La sofferenza organica e psicologica è, dunque, conseguenza dell'"assenza", quale opera della naturale perturbazione ambientale, ed è tale differenziato perturbamento che interconnesso alla deriva genetica, ha nei millenni forgiato e continua a forgiare il vivente uomo, che è divenuto, proprio per tale azione, ciò che è.
Tale processo non è altro che l'artefice della sofferenza quale stato implicito alla "mancanza" (le carenze ambientali fisiche e sociali, le malattie, la morte, ecc.), che è propria alla naturale ragione del vivente stesso nel suo essere ecologico.
L'uomo, pertanto, risponde a ciò che l'ha creato, proprio attraverso la sofferenza della sua vita!
Mazzani Maurizio
venerdì 29 aprile 2011
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