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venerdì 29 aprile 2011

L'unico senso possibile

Il bisogno coatto di coerenza di significato personale è conferma di se stessi.

La conoscenza di sé si realizza attraverso il "consumo" delle "cose"... oggetti inanimati e animati con i quali interagire al fine d'indurre, quasi per magia, un senso d'essere, una dimensione conoscitiva propria. Un lavoro corrosivo questo, che scolpisce, esperienza dopo esperienza, la figura del nostro fittizio essere nel mondo. 

 
La vita è conferma del senso egoico del vivere, che vige in nome d'una biologia che segna indistintamente ogni suo dinamismo.  

Di fronte a tale realtà, dove il consumare è l'implicito rappresentativo del senso d'essere, l'uomo è organizzato e si organizza nel virtualismo che gli è proprio... lo scopo è la disperata azione di porre il senso che non c'è, da qui inventa le più disparate strategie consumistiche per illudersi di dare significato a sé e al mondo... l'inganno di sè è e rimane l'unica realtà per alleviare illusoriamente la sofferenza del non essere. 

L'illusione segna, dunque, il passo nella virtuale realtà, e l'uomo, che è dominato dal bisogno perenne di conferma della propria immagine autoreferenziale, che lo identifica e lo differenzia tra le innumerovoli immagini autoreferenziali, trova sfogo, alla sua prigione fatta di simboli rappresentativi, fuorviando se stesso: l'obiettivo è contrastare il senso del niente. 


L'inganno è concepire d'essere un non Dio, ma solo nel narciso gesto di concepirne l'esistenza, ed ecco, dunque, l'uomo che pur di darsi, illusoriamente, un senso la cui origine sia al di sopra di sé, inventa, in ogni angolo della terra, le più disparate storie per spiegare l'origine e il senso di se stesso e della vita.


Un gioco tra le parti, quindi, per dare significato all'esistenza, nonché sia costituire, speculativamente, cultura di riferimento utile a regolare moralmente la socialità umana, sia a costituire, prioritariamente, lo "strumento" identificativo utile ad affermare differenze per rappresentarsi sull'altro "diverso"... un ennesimo ingannevole modo per darsi senso e per di più ai danni dell'altro.


L'uomo cerca se stesso, dunque, autoingannandosi.


Egli, nella disperata e connaturata ricerca di sé, non coglie l'implicito errore di "voler" essere, solo se al di sopra dell'"altro", per cui inevitabilmente annaspa, e fallimento dopo fallimento, non trovandosi, aggredisce l'"altro" ritenedolo responsabile del mancato senso di sè... il suo sguardo essendo dettato dagli algorittimi egoici della sopravvivenza, paradossalmenete, non scorge l'unico senso possibile: l'"altro", e così nel buio del nulla all'uomo non rimane altro che lottare, nella propria solitudine, con l'unico esistente... se stesso che non c'è. 


Siamo giunti all'implicito genetico che si è così trasfigurato da divenire lotta con se stessi.


L'umana e disperata ricerca di senso plana nel senso egoico ormai annichilita da se stessa!


Mazzani Maurizio


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