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giovedì 28 aprile 2011

Ogni popolo ha il suo tempo


L’esportazione di modelli politici con la forza, è la più aberrante imbecillità che un’altra politica possa fare.

L’occidente ha la presuntuosa e arrogante prerogativa di ritenere che l’altro debba obbligatoriamente adeguare i personali valori d’orientamento culturale, sociale, politico e religioso ai propri.

Le difficoltà connesse a dover relazionare, per interesse sulle risorse globali del pianeta, con diversità socio-culturali, fa si ché queste debbano arrogantemente essere livellate a sé, ciò che è simile è maggiormente prevedibile, dunque, più controllabile per i propri fini.

Sono le leggi connaturate alla sopravvivenza con la loro spesso ipertrofica azione, che decidono la consumazione dell’altro e, all’altro diverso non gli resta cosi… come un bambino che, per mantenere una sorta di percezione di sé e non dissolversi di fronte all’annichilente genitore, accentua reattivamente la propria condotta contestata, …che marcare ancor di più le differenze culturali e religiose che lo contraddistinguono, sia come provocazione-affermazione, sia al fine di salvaguardare la propria identità di fronte all’onda globalizzante e annichilente dell’occidente.

La guerra pertanto diviene, per l’usurpatore, l’unico mezzo per imporre la propria politica ritenuta superiore a scapito dell’altro, il sopruso, la violenza e l’annientamento diventa immancabilmente così il risultato di tale perversa azione.

L’occidente con l’ingannevole illusione di esportare democrazia in luoghi dove i sistemi politici sono totalitari e “concussi” con la religione, fa, di fatto, attraverso il fumo dell’altruismo, i propri interessi economici e di controllo al fine di mantenere l’ingordigia del proprio ridondante consumismo.

Questi, per i propri arroganti interessi, strategicamente dimentica ciò che il darwinismo e l’antropologia hanno insegnato: la cultura e la religione propria di un popolo sono il prodotto della sua totale storia di relazione con il territorio ospitante, e non può essere cambiata se non con il proprio tempo evolutivo, pena l’annientamento e la distruzione dello stesso.

Ogni popolo ha il suo tempo e non può mutare a velocità diversa da quella che le è propria, pena la perdita di significati di sé, che in alcune popolazioni sono così fortemente fusi nella religiosità sociale, culturale  e politica comune, da costituire, in quello specifico territorio, delle vere e proprie regole funzionali alla sopravvivenza.

I valori di un’organizzazione socio-culturale, indipendentemente dal livello di sviluppo in cui questa è, hanno sempre al suo interno un’inerzia conoscitiva, che è simile a quella che regola l’omeostasi della coerenza interna d’ogni singolo individuo… il cambiamento, pertanto, se mai dovesse esserci, deve essere dai nativi, compreso, assimilato e non imposto!

da: "I burattini di Dio - La paura del nulla" - Mazzani Maurizio - ed: Gruppo Albatros Il Filo, Roma 2010

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