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venerdì 29 aprile 2011

Il dolore


Se ci trovassimo in circostanze ambientali carenti, che per differenti ragioni non esista la possibilità di soddisfare il naturale bisogno di cibo, inevitabilmente verrebbe meno la propria coerenza organica, il nostro corpo vivrebbe inevitabilmente l’assenza: la mancanza di sostanze bio-chimiche essenziali alla vita.
Di risposta il nostro comportamento, disperatamente, si mobilizzerebbe al fine di ripristinare i valori di coerenza organica, altrimenti sarebbe sofferenza.

In ambito psicologico, il disquilibrio tra il di dentro e il dentro rappresentativo del fuori, minando l’efficienza psicofisica utile al mantenimento della prioritaria coerenza organica prima e del proprio senso nel mondo poi, lo stesso è sofferenza.

Metaforicamente immaginate di avere avanti ai vostri occhi la figura del vostro corpo, il di dentro, la propria coerenza psicologica, i valori di senso personale, e che davanti ci sia uno specchio, il dentro rappresentativo del fuori cioè la realtà che percepiamo dall’esperienza confermante o disconfermante la coerenza, la personale percezione di senso.
La differenza tra questi due aspetti della stessa realtà è dolore, noi soffriamo in proporzione all’entità percepita di differenza che registriamo osservandoci allo specchio.
Se l’esperienza ripetutamente confuta il proprio essere nel mondo, se nell’immagine riflessa rileviamo mancanza di tessere concettuali di senso personale, l’assenza di queste è dolore, viviamo il lutto.
Più il rappresentativo del fuori si discosta dalla coerenza d’immagine di sé più c’è sofferenza, e più è evidente il senso radicato sull’avere.

La nostra condotta, difatti, è sempre volta a mantenere l’equilibrio come per l’organico.

Le abilità processuali della mente, le strategie di problem-solving, il comportamento e in extremis anche la malattia mentale, hanno proprio il fine di ripristinare le tessere perdute, cioè la coerenza di sé.

Quando il senso personale si affievolisce, quando le tessere concettuali mancanti diventano eccessive, la loro assenza si traduce nel sentimento di vuoto interiore, noi, di fatto, ci siamo di meno, il nostro essere nel mondo è percepito in misura inferiore, la nostra capacità di cogliere senso si è inevitabilmente ridotta, la depressione che ne risulta è conseguente all’assenza, e il vuoto interiore che la caratterizza è proprio dovuto alla mancanza elevata di tessere concettuali, di significati personali.

Quando la realtà è talmente avversa da confutare ripetutamente dati di senso personale, risulta che il grande puzzle dell’immagine di sé è così fortemente amputato, che qualsiasi azione finalizzata a reintegrarlo è spesso vana, la capacità d’agire nel mondo è evaporata assieme alle tessere... c’è disorientamento.
L’inefficacia a ristabilire la coerenza originaria è così forte, da indurre talora a ricorrere alla patologia psichiatrica pur di reintegrare illusoriamente la propria immagine, talvolta in casi estremi, proprio inventando di bell’appunto una preconfezionata realtà… siamo al delirio il cui contenuto è inventato ad oc’ per ripristinare attraverso esso la coerenza perduta, il senso perduto.

L’ansia e l’angoscia, di fronte al possibile nulla, apparentemente svaniscono lasciando un distacco, più o meno marcato, dalla realtà.
La reciprocità con il mondo è fittizia e artificiosa.

La coerenza è senso di sé percepito, la scarsa integrazione (il senso di sè deve essere unitario e costante nel tempo) e differenzazione (la quantità e la qualità dei costrutti, schemi e concetti, che costituiscono l'insieme di valori che ci rappresentano, deve essere il più articolato possibile) delle idee che la compongono comportano una maggiore vulnerabilità alla patologia psichica dalla più semplice alla più complessa, la sua completa dissoluzione è il nulla!

Mazzani Maurizio



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