La natura, a parte le patologie genetiche, fornisce, diciamo così, tutto
l’occorrente per consentire all’essere umano di crescere, far fronte alle
perturbazioni dell’ambiente e divenire, ma “il paradosso evoluzionistico”
avendo condotto l’uomo alla creazione di habitat sociali troppo complessi e
quindi ben distanti da quelli originari, spesso pone questi di fronte a
difficoltà adattive, in relazione alla propria immediatezza emotiva, che è più o
meno quella originaria, troppo difficili da fronteggiare.
L’aspetto processuale evolutivo della mente, quale caratteristica utile
a consentire l’adattamento, spesso diviene, là dove non sia esistita
reciprocità d’attaccamento funzionale e ben rispondente alla propria genetica, paradossalmente
disadattivo… un sistema emotivo che s’iperattiva finendo spesso al collasso,
una struttura autoreferenziale che s’ipertrofizza a tal punto da
auto-ingannarsi tanto da perdere in parte o del tutto il contatto con la
realtà.
L’individuo, dunque, passando troppo velocemente da una realtà
elementare a una complessa, non ha avuto il tempo di adeguare,
evoluzionisticamente parlando, il proprio cervello emotivo, che rimanendo
fondamentalmente quello che era, si comporta, di fronte alla complessità
sociale, spesso in modo disattivo, dando luogo a semplici disfunzionalità
psicologiche fino ad arrivare alla patologia psichiatrica quale risposta
adattiva diciamo “autoterapica”, ma solo apparentemente risolutoria, per far
fronte sia a difficoltà troppo elevate di relazione con l’ambiente, sia al fine
di ripristinare, anche sé ingannevolmente, l’eventuale perdita di coerenza di
sé.
Questa realtà processuale adattiva, che deve portare a un sano ed
equilibrato adattamento, spesso fallisce non riuscendo a far fronte ai
mutamenti ambientali troppo veloci, creando così, essa stessa, i presupposti
all’assenza cronica che è dolore e malattia!
Mazzani Maurizio